Giorgio Dellacasa

VIETNAM

La strada che dall’aeroporto porta in centro è già un assaggio di quello che troveremo. Un fiume di scooter corre verso Hanoi trasportando le cose più impensabili: ceste di verdura, galline dentro piccole gabbie, montagne di contenitori di uova e persino ….cinque maiali tutti su una sola motocicletta. Ma soprattutto tanti giovani, la maggior parte con mascherine, antismog…?... che vanno verso la capitale ad iniziare una giornata di frenetico lavoro.
L’albergo è in centro, vicino al quartiere vecchio e al lago Hoan Kiem, una nota tranquilla in contrasto al fervore della città. Il quartiere vecchio è una vera scoperta….nelle strette strade brulicanti di moto e biciclette si svolgono commerci di tutti i tipi: abiti, occhiali da sole, spezie, ricambi meccanici , persino lapidi, cordami e molto altro in negozi aperti fino a notte. In mezzo passano venditori ambulanti di frutta tropicale, bancarelle di pho (una zuppa calda con carne e verdure) calzolai che inseguono i passanti per lucidare o ricucire scarpe.
Un uomo si avvicina a Giorgio, ha notato che una delle sue scarpe da tennis è scucita sul davanti, non lo molla e insiste per ricucirla. Ci sediamo sul gradino di un negozio e osserviamo il lavoro di cucito, mentre ne approfittiamo per riposarci un po’. La scarpa è a posto, una giusta contrattazione del prezzo e si riprende il cammino.
A tutte le ore vengono cotti i cibi più curiosi su bancarelle con pentole fumanti e profumi di fritto e spezie condiscono l’aria; basta però alzare lo sguardo per vedere bellissime case antiche, tutte diverse una dall’altra con la facciata stretta ma unite una all’altra; quasi tutte di due piani per un’antica legge che vietava abitazioni più alte del palazzo reale. Il rumore dei clacson è continuo e si unisce a quello della gente che chiacchiera, contratta e richiama l’attenzione dei passanti.
Inutile dire che è tutto molto divertente, ricordando sempre di stare attenti perché anche sul marciapiede un motorino ti potrà sfiorare alle spalle e attraversando la strada un veicolo potrà sempre arrivare in senso contrario; scopriremo col tempo che occorre sempre prestare attenzione, che non dovremo stupirci di niente e che i pochi veicoli e i tanti motorini saranno loro ad evitarti……devi solo stare tranquillo…..
Templi e pagode, mausoleo e parco di Ho Chi Minh, il lungolago e le vie del quartiere vecchio ci hanno conquistato e lì siamo tornati ogni sera del nostro soggiorno ad Hanoi.
Il viaggio è lungo e bisogna partire; la prossima meta è l’isola di Cat Ba verso ovest e la baia di Halong.
Cat ba town è piccola, praticamente una striscia di case basse davanti ad una baia spettacolare.
Qui si viene unicamente per ammirare la natura, le spiagge, fare escursioni di trekking nel parco naturale dell’isola e visitare l’immensa baia con escursioni in battello.
L’albergo è essenziale, forse anche meno, ma lo spettacolo è assicurato. Spiagge deserte e piene di conchiglie lungo la strada che esce dalla città; prenotiamo l’escursione in barca per il giorno dopo e ceniamo con riso al vapore, verdure, gamberi e calamari.
Giorgio ha la sua birra locale e Anna del te verde seguito dall’immancabile piatto di frutta mista tropicale (mango, anguria, dragon fruit e ananas). Un po’ stanchi ma soddisfatti. Il giorno dopo si presenta con una giornata gradevole ma nuvolosa. Ci aspetta una giornata in barca nella baia insieme a altre tre coppie di ragazzi tedeschi e americani. Lo spettacolo è unico….alte rocce calcaree emergono sparpagliate in mezzo al mare, piccole spiagge bianche appaiono lungo le coste in mezzo ad una vegetazione tropicale di fiori, palme, yucche; manca il sole ma i colori sono tanti e vivi. Gran parte della popolazione vive sul mare in coloratissime case galleggianti sparse in tutta la baia. Allevano pesci in vasche galleggianti unite all’abitazione, pescano molluschi e gamberi, e si spostano su piccole giunche a remi o motorizzate. In barca ci portano pollo fritto, polpette di tofu, involtini primavera e frutta colorata.
La nostra guida è Sara, una ragazza americana che passa qui alcuni mesi all’anno e con altri ragazzi ha creato un gruppo che cura escursioni nella baia per curiosi come noi ma soprattutto per arrampicatori che scalano le alte pareti calcaree a strapiombo sul mare. Vado con lei a fare un giro in kajack, la conversazione non è facile; scopro però che i suoi nonni sono di origine italiana, che non sa dove si trova Genova e la Liguria ma quando nomino Portofino si illumina.
Torniamo al porto che è già buio.
La prossima tappa è Hue, la città imperiale che raggiungiamo viaggiando verso sud in treno per un’intera notte; abbiamo uno scompartimento a quattro cuccette che dividiamo con una coppia canadese della nostra età molto simpatica. Ci invitano a giocare con loro a scarabeo, un po’ difficile per noi….ringraziamo e li guardiamo giocare; ci scambiamo poi le impressioni sui posti visitati e sui rispettivi paesi di provenienza.
Faccio propositi di migliorare il mio inglese durante l’inverno, vorrei chiedere tante cose e capire di più. Appena fuori stazione ci avvolge un’aria calda e umida, si sente la differenza. Qui al centro è la stagione delle piogge ma siamo fortunati, solo qualche breve piovasco che non disturba più di tanto il nostro arrivo in città. Ci prendiamo due giorni per visitare la cittadella imperiale fatta di templi, pagode e antichi palazzi, la città purpurea proibita, il teatro reale. Fuori dalla cittadella il lungo ponte che attraversa il fiume dei Profumi ci riporta nella città nuova.
Prenotiamo in albergo il bus che ci porterà a Hoi An. Il viaggio è ancora una sorpresa. Il bus non ha normali sedili; anche se viaggiamo di giorno è uno sleeping bus. Ognuno ha un posto orizzontale, si sta sdraiati con lo schienale regolabile, è a due piani e dal mio posto accanto al finestrino guardo il paesaggio comodamente sdraiata ridacchiando con una ragazza francese anche lei al suo primo viaggio coricata. Facciamo una sosta per la toilette (si fa per dire…); facciamo la coda sul retro di un locale dove nessuno consuma, e affrontiamo un gabinetto fatto di un buco e senza acqua corrente. Abbiamo l’amuchina, per le mani quindi nessun problema.
Arriviamo a Hoi An che è già buio e ci incamminiamo zaino in spalla verso il centro; troviamo un buon albergo, ci sistemiamo e usciamo per la cena. Al mattino iniziamo la visita del centro storico situato in una zona pedonale dichiarata patrimonio UNESCO nel 1999. Le antiche case sono state recuperate grazie allo sviluppo del turismo e gli abitanti si sono trasformati da coltivatori in abili commercianti. Le strade strette sono piene di negozietti di vario genere, ceramiche, abbigliamento, seta lavorata e lanterne cinesi. Visitiamo il ponte coperto giapponese, le antiche residenze di mercanti cinesi e vietnamiti e le sale riunione delle antiche congregazioni cinesi stabilitesi qui due secoli fa, poi trasformate in templi e luoghi di preghiera. Veramente belle. Compenetriamo felici l’ambiente che ci circonda. Ci infiliamo fra le bancarelle di un mercato coloratissimo e ci perdiamo fra i banchi di frutta, verdure, spezie, pesci secchi, rane vive…inutile dire che il mercato ci cattura e che ci attardiamo a curiosare.
Arriviamo al fiume che costeggia la città vecchia; bellissimo, e ottima la cena al caffè 43, una trattoria gestita da una famiglia molto cordiale dalla quale torniamo anche la sera seguente.
Il trasferimento a Nha Trang è ancora in sleeping bus ma stavolta non siamo così fortunati nell’assegnazione dei posti.
Siamo lontani uno dall’altro e in particolare il mio posto è in fondo al bus proprio in mezzo ad un grosso e grasso omone francese e un altissimo ragazzo tedesco. Non sarebbe neanche questo il problema, quanto il fatto che per accedere al posto devo far alzare uno dei vicini e questa cosa mi fa sentire intrappolata, non se ne parla nemmeno. Chiamo Giorgio che è sistemato in un’altra zona e faccio un rapido cambio di posto fra lo stupore dei miei vicini che non so cosa abbiano capito; certo per qualche minuto abbiamo creato scompiglio ma tutto si sistema.
Arriviamo a Nha trang, località balneare molto frequentata, famosa per bellissime spiagge, raffinati locali, grandi alberghi. Non siamo in alta stagione e il tempo è piuttosto nuvoloso ma fa caldo quindi prendiamo una bici in albergo e percorriamo il lungo viale che costeggia il mare dal porto fino alle spiagge del promontorio. Due giorni per riposare, passeggiare in spiaggia e gustare la buona cucina di Nha Trang. Visitiamo la grande pagoda di Long Son dietro la quale una lunga scalinata conduce alla collina dove campeggia un’enorme statua bianca del Buddha visibile da tutta la città. La guida ci consiglia di non tralasciare la galleria fotografica di Long Thanh uno dei migliori fotografi vietnamiti che espone suggestive immagini in bianco nero dedicate alla vita quotidiana del suo paese; ringraziamo la guida molto soddisfatti. Ci vorrebbe più tempo per fare tappa a Dalat e Mui Ne, ma i giorni a nostra disposizione non sono più molti e ci aspetta ancora la zona del Mekong e Saigon. La prossima fermata sarà a Vinh long sulle rive del Mekong ma per arrivarci dobbiamo arrivare alla periferia di Saigon e da lì cercare un bus per il sud.
La stazione dei bus di Saigon è un posto molto caotico e prima di trovare qualcuno che capisca un po’ di inglese sudiamo le sette camicie, ma siamo viaggiatori esperti e non ci demoralizziamo. Siamo un po’ stanchi e piuttosto accaldati quindi diamo fondo alla nostra pazienza e con ritrovata calma troviamo un autista più sveglio che ci porta al mini bus per la nostra destinazione; ci saluta con un “good luck”. Siamo gli unici stranieri del pulmino e anche all’arrivo ci rendiamo conto che in questa parte del Vietnam i turisti non sono molti o comunque arrivano per la maggior parte in comitiva e solo per tappe brevi.
Entriamo in Vinh Long zaino in spalla e lungo la strada che porta in centro incontriamo solo gente del posto, nessun turista; stavolta siamo noi ad essere guardati con curiosità ma anche con simpatia e i più giovani ci salutano con un allegro “hello”.
Fa piuttosto caldo e l’albergo che troviamo di stelle ne ha proprio poche. Siamo sulle rive del Mekong: ci accorgiamo che qui è tutto differente: pochi confort e spirito di adattamento. Mangiamo piuttosto male in un locale dove non capiscono una parola e torniamo in albergo un po’ scoraggiati. Un giusto riposo una doccia e siamo fuori, vogliamo vedere il fiume.
Attraversiamo un mercato da delirio fra bancarelle, scooter e gente che cucina, mangia e contratta, arriviamo sulle rive del fiume. Ci sediamo al tavolino di un bar all’ombra di una tettoia di canne, ordiniamo un tè e ci godiamo l’aria fresca che sale dal fiume guardando i barconi e le giunche che passano. Prenotiamo una giunca per il giorno dopo e ritroviamo l’entusiasmo giusto. Il mattino dopo ci alziamo presto: abbiamo appuntamento al molo per le 7, prima che venga troppo caldo. La strada per il porto attraversa il mercato, compriamo un casco delle ottime bananine del Mekong che saranno la nostra colazione, una buona scorta di acqua e saliamo sulla giunca pronti a vivere il fiume.
Il signore che guida la nostra barca non parla una parola di inglese, ogni tanto ci sorride ma niente di più; ci dirigiamo verso le isole in mezzo al fiume e ci inoltriamo lungo canali secondari. L’acqua del fiume è di colore marrone e vicino alle rive mangrovie e piante acquatiche crescono rigogliose. In mezzo a palme da cocco, fiori coloratissimi e una vegetazione ricca e verdissima spuntano le case degli abitanti del delta che qui coltivano la frutta e la verdura che rifornisce tutto il sud del Vietnam, oltre ovviamente al riso.
Scendiamo sulla prima isola e visitiamo insieme al nostro muto compagno una fattoria dove ci viene offerto del mango appena raccolto e del buon tè verde. Lungo i canali incrociamo grossi barconi carichi di merci varie, riso, legname, frutta e verdura; sono tutti in legno e sul davanti hanno tutte due grandi occhi dipinti.
Il paesaggio ci cattura, la barca accosta a riva e il nostro accompagnatore ci fa segno di salire su una giunca molto piccola, quasi una canoa molto traballante guidata a remi da un altro signore sorridente. Sulla piccola imbarcazione percorriamo i canali più stretti tra alte palme e sbarchiamo su un’altra isola dove visitiamo un mercato di prodotti artigianali, una costruzione dove le donne del posto lavorano il cocco trasformandolo in un impasto dolce e cremoso con il quale fanno dolci caramelle quadrate; bancarelle con la vendita di vino di banane, banane secche, cocco candito, ginger, tè e tisane varie. Impossibile non comprare, siamo troppo curiosi.
Attraversiamo un frutteto e scattiamo un’infinità di foto a frutti mai visti di cui non conosciamo il nome, quindi torniamo alla nostra barca e raggiungiamo il mercato galleggiante di Cai Be alle spalle del quale sorge l’unica chiesa cattolica della zona; a fine mattinata raggiungiamo il molo di imbarco soddisfatti.
Nel pomeriggio facciamo la conta dei giorni che ci rimangono, decidiamo di restare ancora in zona e fissiamo la prossima meta: My Tho città su un altro ramo del delta in direzione Saigon. Ci sarebbe piaciuto addentrarci più a sud, ma il tempo stringe, e poi i posti da vedere sarebbero troppi, ce li lasciamo per il prossimo viaggio…sicuramente torneremo in Vietnam.
Andiamo alla stazione dei bus per vedere gli orari e fare il programma per il giorno dopo ma rientriamo in albergo con poche certezze; gli orari non erano esposti e gli autisti non parlavano inglese. Risolviamo con la signora dell’albergo che ci prenota un mini bus per il giorno dopo.
Anche a My Tho fa caldo, i turisti sono pochi e mentre l’albergo è decisamente migliore, ci accorgiamo subito che per mangiare dovremo ripiegare sulle bancarelle di strada cercando cibi cotti e ben caldi per non rischiare. Troviamo una signora che cuoce carne su una grossa griglia sistemata sul marciapiede; ha un tavolino di plastica e due sgabelli. Indichiamo dei pezzi di pollo e compriamo due lattine da un negozio vicino; insieme al pollo ci servono dell’insalata che naturalmente non mangiamo e nel frattempo arrivano amici e conoscenti della “cuoca” incuriositi dagli strani clienti.
Tornando integriamo la cena con le banane secche e il cocco candito comprato il giorno prima, sperando in una ricca colazione il mattino dopo. Torniamo sul lungo fiume; in strada il solito delirio di scooter che scorrazzano disordinatamente mentre sulla passeggiata tanti bimbi, famiglie e comunque tanti giovani che passano fuori le serate; in tanti ci salutano, qualcuno si avvicina per scambiare qualche parola in inglese: una ragazzina ci spiega che sta studiando inglese da qualche anno, ci presenta il fratellino e la zia, ci chiede del nostro paese per fare pratica, forse si accorge che anche noi non siamo proprio padroni della lingua inglese ma proprio per questo ci capiamo bene e le facciamo i complimenti.
Il giorno seguente ci imbarchiamo per un altro giro sul Mekong, questa volta abbiamo una ragazza del posto che parla bene inglese quindi soddisfiamo tutte le nostre curiosità mentre visitiamo l’isola della Fenice, quella del drago, le lussureggianti coste ricche di palme e mangrovie incrociando pescherecci in legno e pescatori che posizionano le nasse tuffandosi direttamente nelle acque limacciose del fiume. Abbiamo un pomeriggio e una serata da passare con tranquillità in questa piccola città sul delta ma prima di uscire dall’albergo ci informiamo sul mezzo più comodo per raggiungere Ho Chi Minh City; l’indomani, prenotiamo un hotel in centro città quindi usciamo e come sempre camminiamo curiosando e facendo progetti per l’ultima tappa che ci attende.
Arriviamo a Saigon e ci sistemiamo all’hotel Indocine, scelto sulla nostra inseparabile guida, situato nella zona di Dong Khoi nel cuore della città. Abbiamo avuto un primo assaggio del traffico arrivando in macchina, ma ormai non ci stupiamo più di nulla.
Fa veramente caldo, dobbiamo arrenderci all’aria condizionata in camera; una doccia, un vestitino leggero e poi fuori: di nuovo in una grande città.
Siamo nella zona più moderna con i migliori negozi, ristoranti ed hotel. Nei grandi viali alberati troviamo grattacieli altissimi con gli hotel più esclusivi “Sheraton, Rex, Majestic”, grandi centri commerciali con vetrine natalizie, alberi addobbati e insegne luminose che ci ricordano che siamo vicini al Natale, ma con questo caldo……..
Non manca però chi vende frutta sul marciapiede o dolci fritti su una bancarella o chi cucina una zuppa fumante in una strada laterale.
Passiamo quattro giorni a Saigon duranti i quali camminiamo molto, visitiamo qualche Museo, la bellissima Pagoda dell’Imperatore di Giada, il grandioso edificio della posta centrale, la cattedrale; ci muoviamo con sicurezza e la città ci è ormai familiare.
Andiamo più volte al grandissimo mercato di Ben Thanh dove si può trovare tutto quello che gli abitanti di Saigon mangiano, indossano e utilizzano: verdure, carni, spezie, dolci, vestiti, ferramenta oltre a tante cose che non conosciamo.
Facciamo spesso sosta nei bei caffè specialmente quelli con tavolini su terrazze rialzate per gustare un buon tè verde, un piatto di frutta o crepes ripiene di gelato.
Per la cena c’è solo da scegliere….ogni sera un nuovo ristorante e ormai siamo bravissimi ad ordinare, scegliere le cose migliori e persino ad usare le bacchette.
Dopo cena ci facciamo risucchiare dalla folla che riempie le strade. Sugli scooter famiglie intere (due adulti più 3 bimbi è quasi normale) girano incessanti, davanti ai grandi magazzini; i ragazzi si fotografano con gli sfondi natalizi pieni di neve finta, i caffè sono pieni, insomma sembra che a casa non ci resti proprio nessuno.
In questi giorni a Saigon il caldo si è fatto quasi insopportabile, sappiamo che a Genova invece è molto freddo, è già nevicato.
Il tempo è passato in fretta, siamo felici di quello che abbiamo visto e un po’ dispiaciuti per quello che non abbiamo fatto in tempo a vedere…..adesso però siamo con la mente al ritorno a casa; all’aeroporto spendiamo gli ultimi soldi in un pasto vietnamita e siamo pronti per il lungo viaggio verso casa.


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